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eroismo e sacrificio 277

Il padre di Giannino, un giorno, ai primi d’ottobre del 1896, cioè dopo ben sette mesi della morte del suo eroico figliuolo, lesse a caso in un giornale, essere pervenuto al Ministero della Guerra un anello d’oro, avente nel castone uno stemma, e mandato da Massaua nella supposizione che potesse appartenere a qualche ufficiale morto in campo; perchè, nel caso, se ne facessero le debite ricerche.

— Un anello d’oro, con uno stemma inciso?... Mio Dio!... che fosse?...

In quel tempo reggeva il Ministero degli Esteri il marchese Emilio Visconti Venosta.

È a questi che il padre Frigerio scrisse subito — con qual cuore ognuno può pensarlo — pregandolo di voler verificare se quella gemma fosse per avventura l’anello del suo Giannino; e gliene dava la descrizione.

Ed ecco, dopo pochi giorni, giungere, venuto da Roma, il seguente telegramma:

Roma (Esteri), 6 ottobre 1896.

Nobile Gino Frigerio,

Masnago.

L’anello trovato è quello che tu speri riavere. Dimmi come devo mandarti la preziosa memoria. Miei saluti e l’espressione dei miei sentimenti a Ippolita.

Emilio Visconti.


E, il giorno dopo, al telegramma faceva seguito questa lettera:

Il Ministro
degli Affari Esteri.


Roma, 7 ottobre 1896.


Caro Gino,

Facendo seguito al mio telegramma di ieri, ed in attesa di una tua risposta, ti informo che l’anello del tuo Giannino era in mano di un tigrino in Adua, ed il caso volle che ciò fosse venuto a notizia di un filantropo inglese, sir William Wilde, il quale trovavasi presso ras Mangascià e fu largo di sussidi e di conforti verso i nostri prigionieri.

Sir William, con gentile pensiero, acquistò quell’anello e lo inviò subito al Comando di Massaua, perchè fosse recapitato alla famiglia del possessore.

L’anello fu mandato al Ministero della Guerra; ma, essendo io stato informato che lo stemma che portava inciso era quello della tua famiglia, lo feci tosto ritirare e lo tengo ora a tua disposizione.

Abbimi affettuosamente.

E. Visconti Venosta.