Pagina:Patria Esercito Re.djvu/377

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dieci anni dopo 359

Listone e la piazza, dominata dal suo anfiteatro, decorata dalle opere del Sammicheli e della statua equestre del gran Re Vittorio Emanuele, formicolavano di ufficiali di ogni arma e di ogni colore. Ecco l’appariscente giallo di Genova; l’amaranto di Nizza; l’arancio di Firenze; il rosso di Lodi; il bianco di Lucca e di Vicenza. Ecco il rosso cupo dei bersaglieri piumati e, ancora: l’arancio della dotta artiglieria, e il verde vivace dei forti alpini. Insomma un caleidoscopio che innamorava gli occhi e confortava il cuore.

In mezzo a tanta vita, fermiamo la vettura. Scendiamo, e subito ci troviamo circondati da una folla di antichi camerata e di amici, che ci fanno una gran festa. Festa che accettiamo con beneficio d’inventario.... perchè dovuta, in parte, al fatto che uno dei festeggiati era l’ospite, l’altro l’aiutante di Campo di S. M. il Re.

Nè ciò diciamo con nessuna ombra di scetticismo; ma come una riprova dell’intenso affetto che l’Esercito portava al suo Capo Supremo. Affetto che anche qui sentiva il bisogno di espandersi, festeggiando coloro che, in quel momento, avevano la fortuna di avvicinare il Sovrano.

Sia comunque, volarono a questo modo due ore. All’orologio dei Portoni dei Borsari mancava un quarto a mezzodì.... Per amore o per forza, bisognava fare il ballo del ritorno.



Se non che, al momento che stiamo per risalire in carrozza, ecco il colonnello comandante Genova Cavalleria, Vicino-Pallavicino, che ci ferma con un piede su, l’altro giù.... e le redini di già in mano:

— Alto là!... Non si parte!

— È tardi.... lasciateci andare.

— Gli ufficiali di Genova vogliono con essi a banchetto il loro antico ufficiale.

Io vestivo l’uniforme di colonnello in Genova.

— Impossibile!.... S. M. ci aspetta a colazione..... Siamo già in ritardo....

Ma il padrino di S. M. il conte di Torino, teneva duro:

— Pochi discorsi!.... Viviamo in istato di guerra!.... Le armi non ra-