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la ginestra 89

volevano e potevano dare nè la gloria nè la pietà, e che vano, in ultimo, vano era anche l’amore. Nè ti ricredesti, so bene, ma il tuo cuore riacquistò la potenza di rimpiangerlo, quel beato errore; e il dolore secondo una tua parola di grande virtù nelle nostre anime, ti venne a consolare. E da quel rimpianto noi avemmo nova gioia di canti; gioia: perchè il dolore del poeta è di così mirabile natura che anche quando il suono ne è triste, l’eco ne è dolce.

E ora? Aggiungi che ora, o Tristano, si appressa il momento che tu dormirai per sempre. E noi vogliamo la tua ultima parola. E sappiamo che questa, che hai pronunziata or ora, non è per essere utile, come certo non è dolce ai tuoi fratelli. Ma dei poeti grandi come sei tu, è somiglianza col frumento della terra, che solo dopo battuto e franto, dà il pane di vita. Dà a noi, o poeta, che abbastanza, credo io, sei stato battuto e franto dalla natura e dagli uomini, dà ora a noi il pane di vita, il supremo ammonimento del tuo dolore. Ma sarà possibile? Tu sei morto spiritualmente, dici.


II.


Vediamo. La gloria non ti sorride dunque più? Eppure, a me pare che questo sogno di fanciullo ti debba rimanere. Da fanciullo, meno che ventenne, professavi: “Io ho grandissimo, forse smoderato e insolente, desiderio di gloria„. Certo poi, sett’anni dopo, la gloria che sola t’era concesso di cogliere, quella “a cui si viene talora colla sapienza e cogli studi delle buone dottrine e delle buone lettere„, ti