Pagina:Pensieri e discorsi.djvu/122

Da Wikisource.
110 pensieri e discorsi

È da aspettarsi col nuovo secolo questo rinascimento? la giustizia e la pace, la bontà e la ricchezza? Nessuna Sibilla ha parlato. Oppure ella scrisse in foglie di palme il suo vaticinio, e le pose in ordine; ma il vento le confuse e portò via. Chi potrà iungere carmina più? Non io, nè altri; e tanto io quanto altri, nel cercare di indurre da idee e fatti del secolo che muore, un preconio del secolo che nasce, sembreremo leggere l’una dopo l’altra le foglie d’un vaticinio disperso dal vento. Su questa si legge pace, su quella guerra, su un’altra amore, su un’altra lotta; ancora, scienza, ancora, fede. Che sarà? Noi sappiamo che avremo dei ludi secolari, più grandiosi di quelli che celebrò Augusto e che cantò Orazio; avremo a Parigi (nella Roma nuova?) la festa del lavoro universale. E prima della fine del secolo avremo, convocata dal Cesare Russo (dall’Augusto nuovo?), la conferenza sul disarmo. Il secolo muore bene, il secolo nasce bene:

Oh! gli uomini si guardano attorno, cercando l’Orazio migliore che canti l’Augusto più benefico e la Roma più magnifica... E questo poeta non osa ancora, forse, staccare la cetra dal chiodo, e siede in disparte e crolla il capo glorioso e mormora: Non forse il mio inno, lento e sublime, sarà interrotto da ululati d’odio? Non forse il sacro tintinno delle corde sarà concluso da rombi di cannone? E il poeta continua a meditare: Canterò il trionfo della