Pagina:Pensieri e discorsi.djvu/17

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il fanciullino 5

codeste cose narrava al vecchio Omero il suo fanciullino, piuttosto che le bellezze della Tindaride e le voluttà della dea della notte e della figlia del sole1. E le narrva col suo proprio linguaggio infantile.

Tornava da paesi non forse più lontani che il villaggio che è più vicino ai pastori della montagna; ma esso ne parlava ad altri fanciulli che non c’erano stati mai. Ne parlava a lungo, con foga, dicendo i particolari l’un dopo l’altro e non tralasciandone uno, nemmeno, per esempio, che le schiappe da bruciare erano senza foglie. Chè tutto a lui pareva nuovo e bello, ciò che vi aveva visto, e nuovo e bello credeva avesse a parere agli uditori. La parola “bello„ e “grande„ ricorreva a ogni momento nel suo novellare, e sempre egli incastrava nel discorso una nota a cui riconoscere la cosa. Diceva che le navi erano nere, che avevano dipinta la prora, che galleggiavano perchè ben bilanciate, che avevano belli attrezzi, bei banchi; che il mare era di tanti colori, che si moveva sempre, che era salato, che era spumeggiante. I guerrieri? Portavano i capelli lunghi. I loro caschi? Avevano creste che si movevano al passo. Le loro aste? Facevano una lunga ombra. Per non essere frainteso ripeteva il medesimo pensiero con altra forma: diceva

  1. Non solo i poeti moderni, così assolutamente fissati sull’amore e sulla donna, ma anche gli antichi poeti tragici e persino i poeti corali immediatamente successi alla poesia epica, si diedero a colorire l’elemento femminile ed erotico dei poemi omerici. E le donne designate e mentovate in essi poemi, non bastarono, e se ne crearono di nuove. Ciò accrebbe l’interesse dramatico del ciclo, ma segna in esso la diminuzione di essenza poetica. Così Orlando innamorato e furioso per amore è più dramatico ma meno poetico di Rolando nella Canzone.