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L’AVVENTO




Donne gentili, fedeli della pietà, che avete il cuore all’infanzia abbandonata, che siete qui adunate per dare cibo e ricovero ai piccoli dell’uomo che non hanno ciò che hanno i piccoli della bestia:

è l’avvento! Sta per nascere l’infante che sarà involto di cenci e deposto nella mangiatoia d’una capanna.

— Non c’era luogo per essi nell’albergo. —

Ho sentito sonare la zampogna dei monti. Non era cominciato il crepuscolo mattutino. S’udiva sul lastrico appena appena qualche scalpiccìo che pareva d’uomini già stanchi sin dal primo principio della faticosa giornata. In uno di quei fondi ove, oltre tutto il resto, manca l’aria, ardeva un lume rosso. Di là dentro veniva quel dolce suono d’organo pastorale antico come gli antichi pastori che erravano con le greggi prime addomesticate. Ne usciva la voce mesta e soave della fanciullezza del genere umano, della fanciullezza d’ognun di noi con quell’accorarsi non si sapeva perchè, con quello sperare non si sapeva di che, con quel bisogno improvviso di godersi a piangere al collo della madre, chi l’aveva ancora.