Pagina:Pensieri e discorsi.djvu/298

Da Wikisource.
286 pensieri e discorsi

parlo con le lingue e degli uomini e degli angeli, ma non ho l’agàpe, io sono bronzo che squilla o cembalo che tintinna. E se ho la profezia, e conosco tutti i misteri e tutta la scienza, e se ho tutta la fede, sì da tramutare i monti, ma non ho l’agàpe, nulla io sono... L’agàpe (egli continua) tutto soffre, tutto crede, tutto spera... —

Voi dovete, o severi custodi dell’adito cristiano, guardare in me e in tutti, se c’è questo divino segno di redenzione: l’amore.

Il resto è incluso„.



IV.


Ora io non so, nella mia imaginazione, se siano rimasti sulla porta quelli a cui chiesi d’entrare, e se siano venuti dietro me quelli che invitai ad assistere al rito. A questi, ora, mi rivolgo, incerto se io non parli al vento: al vento che porta ora odor d’incenso, dalla chiesuola, ora profumo di rose, delle ultime rose di maggio, dalla campagna. Agli uomini della scienza io mi rivolgo: “A quante cose noi crediamo a cui essi credono! L’uomo, noi crediamo, è un continuo divenire da un qualche cosa d’inferiore a un qualche cosa di superiore. Ciò, e nella sua vita singola e nella sua vita complessiva. Considerando l’uomo, sì nell’individuo e sì nel genere, noi troviamo, risalendo o i brevi giorni o gl’ineffabili milenni, la bestia e la pianta. Ed essi? Vi dirò col pensiero del poeta del cristianesimo, del poeta che è nel tempo stesso, il nostro poeta e il Genio nostro, vi dirò, in breve, col suo pensiero, che cosa credono essi. L’uomo, da sem-