Pagina:Pensieri e discorsi.djvu/31

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il fanciullino 19
ma tu la tua scabra cucina

tu ami e la provvida madia;
la fiamma che lustra, tu ami,
24sui nitidi rami.

Non hai che dal ciglio ti penda,
nè paggio nè florida ancella;
ma lieta, ma grata sfaccenda
per te la tua dolce sorella;
che cinge il grembiule, e sorride;
30lo scinge e s’asside

con te... E per letto di morte,
che a tutti è sì duro e sì grave,
che cosa ti serbo, sai tu?
Oh! rose per letto di morte,
cadute dal pruno: il soave

36dolore che fu!



VIII.


Bene! Tu hai cantato e detto: hai cantato strofe e detto verità. E mi viene in mente che oltre codeste verità, diremo così, usuali, di cui io ti sono testimone, ci sia sotto il tuo dire una verità più riposta e meno comune, a cui però la coscienza di tutti risponda con subito assenso. Quale? Questa: che la poesia, in quanto è poesia, la poesia senza aggettivo, ha una suprema utilità morale e sociale. E tu non hai mica ragionato, per rivelare a me il tuo fine. Tu hai detto quel che vedi e senti. E dicendo questo, hai forse espresso quale è il fine proprio della poesia. Ora tocca a me ragionarci sopra. Chi ben consideri,