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286 parte ii - capitolo vii

«Questo» osservò la dama, gelida «non lo avrei potuto immaginare.»

Il professore trascorse avanti, nello slancio del salto.

«Si tratta di cose urgentissime» diss’egli «e io debbo pregare...»

La marchesa lo interruppe.

«Se si tratta di affari, bisogna ch’Ella si rivolga al mio agente di Brescia.»

«Scusi, signora marchesa; si tratta di un affare specialissimo. Nessuno sa e nessuno deve sapere che sono venuto da Lei. Le dico subito che si tratta di Suo nipote.»

La marchesa si alzò e il cane accovacciato sul seggiolone si levò pure, abbaiando verso il Gilardoni.

«Non mi parli» disse solennemente la vecchia signora «di quella persona che per me non esiste più. Andiamo, Friend.»

«No, signora marchesa!», ripigliò il professore. «Ella non può assolutamente immaginare cosa Le dirò!»

«Non m’importa di niente, non voglio saper niente, La riverisco!»

La inflessibile dama si mosse, così dicendo, verso l’uscio.

«Marchesa!» esclamò alle sue spalle il professor Beniamino, mentre Friend, saltato dal seggiolone, gli abbaiava disperatamente alle gambe: «Si tratta del testamento di Suo marito!»