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esusmaria, sciora luisa! 401

Cia stava a lavorare e l’ingegnere a scrivere quando avevano udito le grida formidabili del Toni Gall. Maria doveva esser discesa in darsena dalla camera dell’alcova per mettere la sua barchetta nell’acqua e fatalmente avea trovato aperta la porta di casa, aperto l’uscio della darsena. Il Toni Gall era d’opinione che avesse passato qualche minuto nell’acqua perchè galleggiava discosto dal luogo dove la barchetta giaceva sul fondo. Egli descriveva per la centesima volta la sua scoperta spaventosa stando in sala con la Cia, con l’ingegnere, il professore ed altri del paese. Tutti singhiozzavano meno lo zio Piero. Seduto sul canapè dove prima stavano il Gilardoni ed Ester, pareva impietrato. Non aveva una lagrima, non aveva una parola. Le chiacchiere dol Toni Gall gli davano evidentemente noia, ma taceva. La sua nobile fisonomia era piuttosto solenne e grave che turbata. Pareva ch’egli vedesse davanti a sè l’ombra del Fato antico. Neppure domandava notizie; si capiva che non aveva speranza. E si capiva che il suo dolore era ben diverso da quelle chiassose nervosità passeggere che gli si agitavano intorno. Era il dolore muto, composto dell’uomo savio e forte.

Dall’uscio aperto dell’alcova venivan voci ora d’interrogazione ora di comando. Nessuno però potè dire, per un’ora e mezzo, di aver udita la voce di Luisa. Qualchevolta venivan pure voci trepide, quasi liete. Pareva a qualcuno, là dentro, notare un moto, un alito, un tepor di vita. Allora tutti