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416 parte ii - capitolo xi

ma che sarebbe poi stato nel gran bosco del Boglia, se Franco avesse presa quella via? Così fu dentro Castagnola e peggio di così nel labirinto delle viuzze di Gandria. Dopo averle fatte e rifatte più volte, sbagliando, Franco riuscì finalmente sul sentiero del confine e si fermò a riposare. Sul punto di cimentarsi nel fitto delle tenebre, ai pericoli di un sentiero difficile, di un incontro con le guardie austriache, per giungere poi a quell’altro pauroso passo dell’entrar in casa, del far la prima domanda, dell’udir la prima risposta, alzò la mente a Dio, raccolse tutti i suoi pensieri in un proposito di fortezza e di calma.

Si ripose in cammino. Gli occorreva ora dare tutta la sua attenzione al sentiero per non smarrirlo, per non precipitare. I campicelli di Gandria finiscono presto. Poi vengono fratte folte, pendenti sopra il lago, valloncelli franosi, mascherati dal bosco, che ruinano diritti al basso. In quei passaggi bui Franco era costretto di menar le braccia alla cieca per abbrancar un ramo, poi un altro, cacciar il viso nel fogliame che almeno aveva l’odore della Valsolda, trascinarsi di pianta in pianta, tastar co’ piedi il suolo, non senza terrore di sprofondare, cercar le tracce del sentiero. Il suo fardello era piccino ma pure gli dava impaccio. E gli dava noia quello stormir delle frasche al suo passaggio; gli pareva che dovesse udirsi lontano, sui monti e sul lago, nel silenzio religioso della notte. Allora si fermava e stava in ascolto. Non