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496 parte iii - capitolo i

Morire, finire. L’altra volta molto aveva potuto contro il fascino dell’acqua la immagine del vecchio zio. Ora poteva meno. Lo zio era caduto, dalla morte di Maria in poi, in un mutismo quasi completo che Luisa attribuiva a un principio di apatia senile. Ella non aveva capito come nell’animo del vecchio vi fossero insieme al dolore disapprovazioni profonde; quanto lo urtassero le quotidiane ripetute visite al cimitero e i fiori e le gite misteriose a Casarico e, sopra tutto, l’abbandono completo della chiesa. Se non fosse stata così presa dalla sua morta, avrebbe potuto intender meglio lo zio almeno in quest’ultimo punto della chiesa, perchè adesso il vecchio silenzioso ci andava lui, in chiesa, più di prima, tornava col cuore alla religione di suo padre e di sua madre praticata sinora freddamente, per abitudine, per ossequio alle tradizioni di casa. Pareva a Luisa ch’egli fosse diventato alquanto ottuso e che se ai bisogni suoi fosse provveduto non gli occorrerebbe altro. Per le cure materiali v’era la Cia e le risorse che bastavano per tre meglio avrebbero bastato per due. Luisa credette veder l’acqua salire un palmo. E Franco? Franco si desolerebbe, piangerebbe per qualche anno e poi sarebbe più felice. Franco aveva il segreto di consolarsi presto. L’acqua parve salire un altro palmo.

Nello stesso momento in cui ella s’era affacciata al parapetto, Franco, passando in via di Po davanti a San Francesco di Paola, aveva veduto lumi e udito