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524 parte iii - capitolo ii

e una crocellina d’oro ch’erano state di sua madre. «Tienle tu», diss’egli porgendole a Luisa. «È meglio. Non si sa mai, potrebbero cadere in mano ai Croati.» Ella inorridì, tremò, esitò un istante, gli si gettò al collo, glielo strinse da soffocarlo.



Il cameriere bussò all’uscio degli sposi verso le quattro e mezzo. Alle cinque Franco entrò col lume nella camera dello zio ch’era svegliato. Prese congedo da lui e propose quindi a Luisa che anche il loro congedo seguisse lì. Ell’aveva nel viso e anche nella voce una espressione di stupore grave, dolente. Non si commosse, non pianse, abbracciò e baciò suo marito come trasognata e come trasognata discese le scale insieme a lui. Passò forse in esso un lampo del pensiero che occupava l’animo di lei? Se ciò avvenne fu nel salotto dell’albergo mentre prendeva il caffè e sua moglie gli sedeva in faccia. Parve che scoprisse qualche cosa in quello sguardo, in quella fisionomia, perchè si fermò a contemplarla con la tazza di caffè in mano e poi gli si diffuse sul volto una tenerezza, un’ansia, una commozione inesprimibile. Ella, manifestamente, non desiderava di parlare ma egli sì. Una parola occulta gli fremeva in tutti i muscoli