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la lettera del carlin 91

il colloquio segreto con mamma Teresa. Il professor Beniamino che intanto si era rimesso il turbante, si fece coraggio a mezzo. «E...» diss’egli sostituendo al nome amato una specie di gemito sordo «come sta?» Udito dell’allucinazione, esclamò: «una lettera? Le pareva di vedere una lettera? Ma che lettera?». Questo, Franco non lo sapeva. Uno stridore sulla brace interruppe la conversazione; il caffè bolliva a scroscio e si versava.

Il Gilardoni somigliava al suo giovane amico pure in questo che gli si leggeva il cuore in faccia. Il giovane amico, ch’era del resto un lettore di facce infinitamente più sagace e pronto di lui, capì subito ch’egli aveva pensato a una data lettera e gli chiese, mentre il caffè stava posando, se fosse in grado di spiegar quell’allucinazione. Il professore si affrettò a rispondere di no, ma tosto pronunciato il no lo attenuò con parecchi altri no misti a inarticolati brontolii: «eh no — no già — non saprei - insomma no». Franco non insistette e ne seguì un altro silenzio alquanto significativo. Preso il caffè con molti involontari segni d’inquietudine, il professore propose bruscamente d’andare a letto. Franco, dovendo ripartire prima di giorno, preferì non coricarsi ma volle che si coricasse l’amico, e l’amico, dopo infinite proteste e cerimonie, dopo aver esitato fin sulla soglia della porta con la sua scodella d’acqua sedativa in mano, fece di colpo un voltafaccia, si gittò alle spalle un «addio» e scomparve.