Pagina:Poemi (Byron).djvu/132

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128 il giaurro

Il delizioso suol. Così vedresti
Uscirne fuor da lo Tartareo regno,
65Démoni e furie, ad assalir le stelle,
E i serafini, e sugli eterei troni
Starsene vincitor, come esecrati
Vedi or tiranni, conculcar di questa
Terra sacra al piacer l’ameno aspetto.
70Chi la sua fronte su recente salma
Inclina, anzi che vólto il primo die
Sia de la morte, il dì primo del nulla,
De la sventura estremo, e del periglio;
Anzi che stenda Distruzion il dito
75A cancellarne di Beltà che langue,
Anco la traccia; se il celeste, e dolce
Sembiante egli contempla, e del riposo
L’estasi che ancor dura, e inanimati,
Ma pur teneri i vezzi su la smorta
80Placida guancia, ben che trista, e ascosa
La pupilla non arda, e non seduca,
E non pianga, sebben gelido e stretto
Da letale apatìa l’immoto ciglio
Del doloroso, che lo guata, il core
85Di terror empia sì, che quel destino
Ch’un preme, l’altro pur divida e tema;
Se questo ei vegga; oh, sol per questo, pochi