Pagina:Poemi (Byron).djvu/166

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162 il giaurro

» Destra, che vede ei sol, e che gli accenna
» De la tomba il cammin, e ne lo adesca,
» A balzar dentro l’onde.*     *     *     
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860Fosco, e non di quaggiù, sotto al suo bruno
Cappuccio arde il cipiglio, e andati eventi
Il balenar de l’ampia sua pupilla
Svela, ahi, pur troppo! Sebben varia splenda
D’indistinto color, fera è cotanto
865Che, de lo scontro suo pentito, altrove
Spesso l’audace scrutator n’è vólto.
Perchè quell’ivi è ascosa, e di lì parla,
Da altro niuno parlabile favella,
Che non ha in terra nome, e la sfrenata
870Alma superba, che su l’alme impero
Vuole, e il mantien. Pari a l’augel che i vanni
Squassa tremando, ma fuggir non puote
Da l’angue amaliator che lo rimira,
Sotto lo sguardo di colui s’agghiaccia
875Ognun che il fisa, e sì che più non cura
L’occhio evitar, cui sofferir mal regge.
Mezzo atterrito il fraticel solingo
Per via lo scansa, quasi inganno, o tema
Quel ciglio infonda, e quel sogghigno amaro.