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127-159 LE OPERE E I GIORNI 11

Una seconda stirpe, di molto peggiore, d’argento,
quindi crearono i Numi celesti, signori d’Olimpo.
Simile a quella d’oro, né forma avean essi, né mente:
130ma ben cento anni il bimbo, vicino alla tenera madre
pargoleggiando restava, balordo, stoltissimo, in casa.
Cresciuti ch’eran poi, raggiunta l’età piú fiorente,
viveano breve tempo, crucciati di gravi dolori,
per la stoltezza loro; perché dal reciproco oltraggio
135non seppero astenersi, né voller servire i Celesti,
né sugli altari sacri offrire ai Celesti ecatombi,
com’è pure uso e legge degli uomini. Infine, adirato,
Giove, figliuolo di Crono, li fece sparir da la terra,
perché privi d’onore lasciavano i Numi d’Olimpo.
140E poi che dalla terra sparita anche fu tale stirpe,
Inferi son chiamati, Beati mortali. Secondi
son negli onori; eppure qualcuno ne godono anch’essi.
     E Giove padre una terza progenie di genti mortali
creò, di bronzo, in tutto dissimile a quella d’argento,
145cruda e terribile, nata dai frassini. L’opre di Marte
care essi avean, di pianto feconde, e le ingiurie. Non pane
era il lor cibo: il cuore feroce, nel sen, d’adamante:
informi: aveano immane vigore: indomabili mani
su le gagliarde membra sporgevan dagli omeri: l’armi
150avean tutte di bronzo, costrutte di bronzo le case:
solo foggiavano il bronzo, ché il cerulo ferro non c’era.
Ed anche questi, gli uni domati per mano degli altri,
entro la squallida casa disceser del gelido Averno,
senza ricordo lasciare: sebbene tremendi, li colse
155livida morte, e del sole lasciaron la fulgida luce.
     Ora, poiché la terra nascosta ebbe ancor tale stirpe,
sopra le zolle che tanti nutricano, ancora una quarta
Giove Croníde ne fece, migliore di molto, e piú giusta:
stirpe divina e mortale, d’Eroi Seminumi chiamata,