Pagina:Poemi (Esiodo).djvu/133

Da Wikisource.
300-324 LE OPERE E I GIORNI 19

300la fame, e sempre t’ami Demètra dal serto di spighe,
la veneranda, e sempre ti colmi di gran la dispensa.
Perché la fame sempre s’alloga con l’uomo poltrone.
Uomini sono e Dei nemici a chi vive infingardo,
ed i costumi segue dei fuchi, che senza pungiglio
305vivono, senza far nulla, struggendo il travaglio dell’api.
A te compiere piaccia per tempo il lavoro opportuno,
sicché, quando bisogna, tu colma abbia pur la dispensa.

Rende il lavoro opulente di greggi e di beni le genti;
e se lavorerai, piú caro ai Celesti sarai
310molto, e ai mortali, che tutti detestano assai gl’infingardi.

Nessun lavoro è vergogna: poltrire è vergogna. Lavora,
e presto arricchirai, sarai segno d’invidia al poltrone;
e son della ricchezza compagni il buon nome e gli onori.

Qual che il tuo Dèmone sia5, la cosa migliore è il lavoro,
315se tu dai beni altrui distolto il cuor tuo dissennato,
come io t’esorto, vorrai lavorar, guadagnarti la vita.

È timidezza la trista compagna dell’uom bisognoso,
la timidezza, che l’uomo danneggia, e talora gli giova;
la timidezza è compagna dei grami, l’ardire dei ricchi.


non rubare


     320Rubare i beni altrui non devi: piú giovano molto
quelli che dànno i Numi. Se alcuno gran beni conquista
con violenta mano, li preda con furba parola,
come talora avviene, se Brama di lucro corrompe
le menti, ed Impudenza soggetto a sé tiene il Pudore,