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401-432 LE OPERE E I GIORNI 25

Forse otterrai per due volte, per tre; ma se ancora li secchi,
nulla ti dànno piú, sperderai le tue chiacchiere al vento,
nulla ti gioverà la tua parlantina. Per questo,
paga i tuoi debiti, dico, provvedi a schivare la fame.

     405Prima di tutto, una casa provvedi, ed un bove, e una donna,
moglie non dico, ma serva comprata, che attenda ai giovenchi.
Poi nella casa tutti gli arnesi in bell’ordine poni,
sí da non chiederli ad altri, che poi te li neghi, ti lasci
senza, e il momento opportuno trascorra, il lavoro ne soffra.
410Né rimandare a dimani le cose, né a dopodimani:
ché l’uomo scioperato, quell’uomo che sempre rimanda,
mai non riempie il granaio: l’assidüa cura dà frutto:
l’uomo che sempre rimanda, lottar deve sempre coi guai.

     Appena poi la rabbia cocente del sole desiste
415dalla calura che fiacca, che stempra, e le piogge d’autunno
versa il possente Giove, tramutan le membra dell’uomo,
si fanno piú leggere di molto: ché l’astro di Sirio
poco sovresse le teste degli uomini nati a morire
volgesi il giorno, e piú a lungo viaggia la notte pel cielo.
420Anche se il ferro le stronca, le selve non tarlano allora,
spargono a terra le foglie, desiston dal mettere germi.
Questo è, ricorda, tempo propizio a tagliare le selve.
Taglia un mortaio largo tre piedi: tre braccia il pestello,
e sette n’abbia l’asse: è questa la giusta lunghezza:
425se d’otto piedi, puoi tagliarne di giunta un mazzuolo.
E di tre spanne un cerchione, pel carro che avrà dieci palmi;
ed abbi legno asciutto, ben curvo; la bure, dovunque
la trovi, al monte, al piano cercandola, portala a casa:
di leccio sia: ch’è il legno piú adatto ad arare coi bovi,
430allor che l’abbia il fabbro d’Atena confitto sul ceppo,
e coi cavicchi compaginato vicino al timone.
D’aratri, averne poi devi due. Costruiscili in casa: