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xxviii ESIODO

gente quanto dei proprii agi e dei proprii piaceri: e ne riscotevano in cambio, insieme con l’adorazione ufficiale, anche un buon tributo di satira.

Dunque, l’autore della Teogonia si trovò dinanzi ad una materia immane e caotica, col preciso cómpito di ordinarla. A lui non era concesso l’arbitrio, il capriccio d’Omero, dell’artista: la sua opera doveva raccogliere quanto piú era possibile della tradizione mitica, e raccoglierlo in maniera da rispecchiare le credenza e il sentimento comuni. Cosa sommamente difficile, perché spesso del medesimo mito gli erano offerte due o tre soluzioni differenti, e spesso contradittorie. Perché ai suoi tempi già valeva di sicuro quello che Pausania doveva dire due secoli dopo Cristo, che cioè i Greci raccontano le cose uno in maniera differente dall’altro (IX, 16, 7).

Egli fa grandi sforzi per ridurre quella molteplice varietà in un tutto organico; ma, dice Eschilo:

          se nel vaso istesso
l’olio mischi e l’aceto, li vedrai
nimicamente scindersi.


E cosí, assai spesso i suoi sforzi riescono vani, e la incongruenza della materia si rispecchia nella sua elaborazione.

Ma oltre alle colpe della materia, altre ce ne sono, che sembrerebbero da imputare all’autore. Nel poemetto si possono scoprire diversi filoni di materia omogenea. Ma, come accennammo da principio, le materie rispettivamente omogenee, anziché raccolte in singoli gruppi, si trovano sparpagliate e intrecciate con una varietà e un disordine che disorientano. Effetto di un metodo, non certo lodevole, ma pure spiega-