Pagina:Poemi (Esiodo).djvu/35

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PREFAZIONE xxxi

E il medesimo bisogna ripetere per Notte. La sua identità essenziale col Tartaro è chiaramente significata nel fatto che essa è posta nel medesimo luogo, proprio vicina al Tartaro, «sul suo collo». Non è la notte, spazio di tempo fra il calare e il sorgere del sole: è il buio eterno, pensato come origine di male e rovina: tanto che è detta appunto rovinosa (oloé).

Che poi, nella comune credenza, queste quattro essenze potessero sussistere simultanee e differenziate, quando tutti dovevano aver coscienza della loro sostanziale identità, non deve far meraviglia. In realtà, esse erano e non erano identiche. Erano come le varie facce del concetto unico che incarnavano, il quale per la sua natura indefinita e sfuggente si prestava a questa molteplicità di riflessi. E mentre il Chaos rispecchiava piuttosto l’immane vaneggiare dell’infinito spazio primevo, l’Erebo ne dichiarava l’assenza d’ogni luce, e il Tartaro lo sbigottimento da esso prodotto sugli animi.

Meno sicura è l’etimologia di Nyx, notte; ma però secondo me non si può separare dalla radice nu che si trova in nystàzo, assopirsi1; e Notte significherebbe lo stato di sopore in cui l’oscurità immerge tutti gli esseri. Insomma, queste quattro essenze erano nella mitologia primitiva come nelle lingue i sinonimi; uguali e diverse.

Nessuna meraviglia, dunque, che la mitologia le accogliesse come quattro figure distinte; e tanto meno dobbiamo stupire che in tale condizione le mantenesse Esiodo, il quale, come vedemmo, doveva pur attenersi alle opinioni correnti, anche se con una penetrazione maggiore della comune avesse piena coscienza della loro unità.

  1. Non ignoro, ma non accetto integralmente i dettami della glottologia scientifica, sommamente benemerita, ma che nei suoi imperativi estremi e consequenziarî è, secondo me, destinata al fallimento.