Pagina:Poemi (Esiodo).djvu/39

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PREFAZIONE xxxv

spazio, regno delle tenebre e del disordine. Già prima della Bibbia l’aveva insegnata la cosmogonia babilonese.

Ma non meno diffusa era, massime nel piú prossimo Oriente asiatico, la dottrina che sotto varî nomi (Rea, Cibele) indicava come madre di tutte le cose la Terra.

Ed entrambe queste dottrine, diffuse dall’Oriente all’Occidente per le vie delle invasioni, delle immigrazioni, dei commerci, investono tutta la Grecia in guisa tale, che il legislatore della nuova teogonia deve serbare ad essa un posto d’onore.

Un’altra ragione, che però non saprei accennare, avrà militato per Tartaro. E il poeta, costretto a stabilire questa prima fila di essenze originarie equipollenti, si trovò di fronte alle difficoltà che cercò di appianare. Ed altre incongruenze trovano cosí spiegazione negli imperativi obbligati della tradizione. Sicché, il legislatore merita tutte le attenuanti, se pure non sempre ci soddisfino gli espedienti che egli escogita per dare unità e coerenza alla materia incoerente e disordinatissima.

L’onore della generazione di tutte le creature rimane dunque affidato a Terra ed a Chaos. Col Chaos sono collegate, naturalmente, tutte quelle che hanno qualche affinità o qualche rapporto con l’immensità, con l’oscurità, col terrore provocato dal buio e dall’ignoto. In primo luogo gli vediamo assegnati due figli che sono due suoi doppioni, Erebo e Notte. Lo stesso Chaos, unito con Erebo, genera poi Etere e Giorno; e di questa breve discendenza abbiamo già parlato. Esaminiamo ora la discendenza di Notte, e chiari ci appariranno i criteri seguiti da Esiodo nella sua classificazione. Con la Notte vanno naturalmente connessi il sonno e i sogni; e si intende che Esiodo glie li abbia assegnati come figli: forse ne trovava l’indicazione precisa nella mitologia corrente. Ma