Pagina:Poemi (Esiodo).djvu/47

Da Wikisource.

PREFAZIONE xliii

chia, ombreggiano il campo di battaglia. E mi pare evidente che questi particolari non rispecchino, come vorrebbe la mitologia comparata, le nuvole dalle forme multiple gigantesche, nate dai vapori terrestri, che impegnano nel firmamento continue battaglie; bensí i vulcani, che intorno al cratere centrale ne aprono, come nell’Etna, altri ed altri ugualmente nubilosi e fiammeggianti, e spandono giú per l’enorme dorso centinaia di braccia di fuoco, e lanciano immani rupi a immensa distanza.

Come si vede, la schiera dei figli di Gea e di Urano, è di una straordinaria eterogeneità. Alla parentela genealogica, attribuita loro dal nuovo legislatore, non corrisponde una reale affinità d’origine mitica. Perciò il loro complesso non diviene un amalgama, rimane una mescolanza; e l’esame critico, come un reagente, ben presto fa precipitare ben distinti, in varii gruppi, gli elementi realmente affini fra loro: fenomeni vulcanici, creature delle acque, astri del cielo, personificazioni di concetti astratti.

Ma ardua e complessa riesce l’analisi delle creature residue: Rea, Crono, Crio, Giapèto; la cui schiera dev’essere completata dai loro discendenti.

Ma per intendere qualche cosa intorno alla loro essenza, bisogna muovere da alcune considerazioni preliminari.

Se esaminiamo ancora il nostro quadro, e badiamo a tutte le creature mitiche sino ad ora analizzate, le vediamo, o rimanere isolate e sporadiche, o intrecciarsi, esse larve, in larve di eventi, che appena si abbozzano, per poi dileguare nel nulla o nel piú chimerico assurdo.

Ben altro è il caso per queste ultime. Le vicende ad esse attribuite si compongono intorno ad una ossatura singolarmente precisa, e, quando siano compiute, alcune riduzioni, d’altronde