Pagina:Poemi conviviali (1905).djvu/33

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il cieco di chio 13

nella sua casa mi svelò la donna
che fila nel chiaror del focolare.


     55Pur non già nulla dar non può, sì molto,
il cieco aedo; e quale a me tu dono,
negato a tutti, della tua bellezza,
offristi, donna; né maggior potevi;
tale a te l’offro, né potrei maggiore.
60Cieco non ero, e ciò pascea con gli occhi,
che rumino ora bove pazïente;
e il fior coglievo delle cose, ch’ora
nella silenzïosa ombra mi odora.
Era per aspri gioghi il mio cammino,
65degli uomini vetusti, antelunari.
Nacquero sopra le montagne nere,
che ancor la luna non correa su quelle:
nacque dopo essi, e palpitò per loro
gemiti strani. Era un meriggio estivo:
70io sentiva negli occhi arsi il barbaglio
della via bianca, e nell’orecchio un vasto
tintinnìo di cicale ebbre di sole.


     Ed ecco io vidi alla mia destra un folto
bosco d’antiche roveri, che al giogo
75parea del monte salir su, cantando
a quando a quando con un improvviso
lancio discorde delle mille braccia.
Entrai nel bosco abbrividendo, e molto
con muto labbro venerai le ninfe,
80non forse audace violassi il musco
molle, lambito da’ lor molli piedi.
E giunsi a un fonte che gemea solingo