Pagina:Poesie varie (Pascoli).djvu/201

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i due vicini 179

avea mandato un ultimo fringuello
l’ultimo verso, e qualche cirro in cielo
320si fece rosso, e rosso in terra il fumo
della fornace, e, Qua! diceva all’acqua
che correa giù, la rana, e le ranelle
la deridean, la deridean dai salci;
la luna in alto s’indorò; più basso,
325più presso terra, vennero le stelle;
chè si sentì, la prima volta, il canto
dell’usignolo. E prima gracchiò rauco,
facendo il verso all’importuna rana,
perchè tacesse, e poi gittò tre note
330e altre tre, per farlo a voi ranelle.
Taceste un poco. Egli alto chiese al cielo,
grave alla terra, se potea cantare.
Poi cominciò, ricominciò più volte
cantando piano tutto ciò ch’è buono.
335Poi spicciolò, polverizzò nel cielo
un’infinita melodia d’amore.
Poi singultì, s’illanguidì, sì fioco,
come per pianto. Era il dolore. E poi...
E poi si spense. Era la morte. Allora
340ricominciò di tutto ciò ch’è buono...
Sgrollò l’orecchie l’asino, pensando:
Oh! il tempo perso! Canto io forse? Io penso!
Pensava; e in cielo non lucea la falce
più della luna; un fitto era di stelle
345lassù; nell’ombre vampeggiava il fuoco
della fornace: ed il cantor non visto
versava tra le stelle e l’ombre il canto
               interminabilmente.