Pagina:Rime (Vittorelli).djvu/158

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Piaggia marina, e nella verde notte
Uscirian pur di solitaria selva.
Nè però niego, che se mai le approva
Il difficil di Tucca orecchio raro,
E se Cloe nell’udirle apre un sorriso,
Non mi assalga piacer: quindi fatica
Non v’ha, che a me per adornarle incresca.
Tu il sai: tu, che nel mio dolce ritiro
Cerchi per me sovente la ritrosa,
E tra le fibre più riposte e interne
Del buon cerebro tuo tal or nascosta
Parola illustre, che tra i lenti sorsi
Dell’odorate Americane spume
Scocca alfin dal tuo labbro, e d’improvviso
Poetico fulgor quasi lampeggia.
Talor dissento, e mia ragion difendo:
E qui sorge tra noi subita pugna,
Ma così breve, che nell’urlo istesso
S’uniscon le placate alme concordi.
Così vedi, se il mare Eolo conturba,
Cozzar due flutti, e nel cozzar, passaggio
Far l’un nell’altro, e ricader congiunti.
     Contese amiche, ed innocenti gare,
Soavi cure, ameni studii e cari,