Pagina:Satire (Persio).djvu/69

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Sta così: segna, Marco, il testamento.
     — Ecco la vera libertà largita
     114Dal berretto. Di lui, che a suo talento
Puote i giorni condurre, a chi sortita
     Fu libertà più intera? E conceduto
     117Che mi lice qual voglio, il menar vita,
Non mi son io più libero di Bruto?
     E falsa la minor, grida qui ratto
     120Lo Stoico d’aceto acre diluto.
Via quel lice e quel voglio, e non ribatto.
     — Poichè la verga del pretor mi fece
     123Tutto mio, perchè mo far issofatto
Ciò, che talenta al mio voler, non lece,
     Salva ognor di Masurio la rubrica?
     126— Odi; e mentre l’error, di che t’infece
La nonna, al cor ti svello, il naso esplica
     Dalle rughe del ghigno e della bile.
     129In possa del pretor non era ei mica
Uno stolto istruir d’ogni civile
     Squisito officio, nè dell’uso onesto
     132Della vita che va. L’arpa ad un vile
Lungo galuppo adatterai più presto.
     Ragion n’è contra, e gridaci segreta:
     135Non far ciò che, il facendo, è fuor di sesto.
Umana e natural legge decreta,
     Che per disdetta a me quell’arte io tegna,
     138Che impotente ignoranza mi divieta.
Mesci farmaco, e ignori a qual convegna
     Punto fissarne della dose il pondo?
     141Ciò grande error la medic’arte insegna.