Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/106

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50 capitolo dodicesimo

teri della Tebaide. Allo intorno eranvi de’ porcellini fatti di torta, come se fosser lattanti, per significare che il cignal era femmina; e questi pure erano inghirlandati.

Del resto a tagliar il cignale non venne quel Trincia, che avea rotte le altre vivande, ma un gran barbone, colle gambe ne’ borzacchini, e con un abitino di più colori, il quale impugnato il coltello da caccia gli percosse gagliarmente un fianco, dalla cui piaga volaron fuora de’ tordi. Pronti furono colle canne gli uccellatori, che tosto li presero mentre svolazzavano per la sala. Dipoi, avendo Trimalcione fattone dar uno a ciascuno, soggiunse: voi pur vedete come questo porco selvatico hâssi mangiate tutte le ghiande. Allor tosto i donzelli corsero ai cestelli, che pendevan dai denti, e i vari datteri egualmente divisero tra i commensali.

Intanto io, che stavami quasi solo in un canto, mi diedi a pensar seriamente per qual ragiona il cignale fosse col berretto, ma poichè ebbi esaurite tutte le fantasie, determinai di confidare a quel mio interprete ciò che mi affannava. Ed egli: ciò ti spiegherebbe facilmente sino il tuo servo; giacchè qui non ci è enigma, ma cosa chiara. Questo cignale essendo rimasto intatto all’ultima cena di ieri, e dai convitati rimandato, oggi torna al convito come liberto. Io allora condannai il mio stupore, e null’altro richiesi, per non parere di non aver mai cenato con galantuomini.

Tra questi discorsi un bel ragazzo, di viti e d’edera cinto, che or Bromio dicevasi, or Lieo, ora Evio, portò intorno in un panierino delle uve, cantando con voce acutissima le poesie del suo signore: al cui suono voltosi Trimalcione: DIONISIO, gli disse, TU SEI LIBERO. Allora il ragazzo tolse al cignale il berretto, e sul proprio capo lo pose;43 e Trimalcione di nuovo soggiunse: or non negherete, che io non possieda il padre Bacco. Lodammo il motto di Trimalcione, e fecimo assai baci al ragazzo, che venne intorno.