Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/144

Da Wikisource.
88 capitolo decimosesto

pure il mio nome. Quanto all’Epitaffio vedi un po’ attentamente se questo ti paia abbastanza conveniente:


C. POMPEO TRIMALCIONE MECENAZIANO

QUI RIPOSA

A LUI ASSENTE FU IL SESTOVIRATO

CONCESSO

E POTENDO IN TUTTE LE DECURIE AVER LUOGO

PUR NOL VOLLE

PIO, FORTE, FEDELE.

CREBBE DAL POCO

E LASCIÒ TRECENTOMILA SESTERZJ

NÈ MAI DIÈ RETTA A' FILOSOFI.

IMITALO.


Come ciò Trimalcione ebbe detto si mise a piangere amaramente: Fortunata anch’ella piagnea, e piagnea Abinna; tutta finalmente la famiglia empiè la sala di lamenti, come se si trovasse presente ai funerali: laonde io pure mi diedi a lagrimare. Allora Trimalcione disse: dappoichè sappiamo di dover morire, perchè dunque non ci affrettiamo a vivere? Pel piacere di vedervi felici, andiamo a gittarci nel bagno; rispondo io che non ci sarà motivo a pentirci, perch’egli è caldo al par di un forno.

Vero, vero, rispose Abinna: io non ho paura a bagnarmi due volte in un giorno; e rizzossi a pie’ nudi, seguendo Trimalcione, che era allegrissimo.

Io volsi l’occhio ad Ascilto, e gli dissi: che pensi tu? quant’a me, il bagno, solo in vederlo, mi fa morire.

Assentiamoci, egli rispose, e intanto che essi vanno al bagno, noi usciamo insiem colla turba.