Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/145

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CAPITOLO DECIMOSETTIMO

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fine del convito.



Così essendoci convenuti, Gitone accompagnandoci, per lo portico arrivammo alla porta, dove un cane posto alla catena ci accolse con tanti latrati, che Ascilto cadde nel vivaio; ond’io ubbriaco, che sin del cane dipinto mi spaventava, portatomi a dargli soccorso fui strascinato nello stesso gorgo. Ma ci salvò il portiere che venne, e il cane placò, e noi tremanti ridusse all’asciutto. Gitone però con sottilissima astuzia erasi sottratto agli abbaiamenti del cane, gittandogli dinanzi tutto ciò che avevano trasportato della cena, cosicchè allettato dal cibo si mitigò.

Finalmente intirizziti pregammo il custode di metterci fuor della porta, ma egli rispose: assai t’inganni se pensi uscir per di qua, donde sei entrato. Nessun convitato giammai sorte dalla porta medesima: entrasi per l’una e per l’altra si parte.