Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/147

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fine del convito 91

la tavola, e se ne mettesse nelle lucerne; di più trasportò l’anello nella man destra, e disse, non senza il suo perchè codesto trombetta ha dato un tal segno: giacchè o bisogna che vi sia incendio in alcun luogo, o che alcuno del vicinato trovisi in punto di morte. Lungi da noi sì tristi augurj; epperò chi mi porterà questo mal nunzio avrà una corona in regalo.

Appena ebbe detto, che il gallo trovato nelle vicinanze venne portato, e Trimalcion comandò che si ponesse nella caldaia. Messo quindi in pezzi da quel dottissimo cuoco che poc’anzi avea col maiale fatto pesci ed uccelli, fu gittato nel paiuolo, e intanto che Dedalo accudiva a quella sollecita bollitura, Fortunata stritolava il pepe con un pestello di bosso.

Mangiate finalmente queste ghiottornie, Trimalcione volse l’occhio alla famiglia, dicendo: ecchè? voi non avete ancor cenato? andate, acciò gli altri vengano al loro ufficio.

Ne comparve tosto un altro drappello; quei che partivano dissero: stà sano, Gaio; e gli altri diceano: salute a Gaio.

Di qui cominciò a turbarsi la nostra allegria, perchè in mezzo ai nuovi ministri essendo entrato un donzello avvenente, Trimalcione di lui s’impadronì, e si diè a baciarlo per lungo tempo. Laonde Fortunata, come si fu veramente accorta di cotale associazione, cominciò a maledir Trimalcione, e gridare che un che non sappia frenar la libidine è un sudiciume ed una marcia vergogna, e finalmente gli scappò detto: cane.

Dall’altra parte Trimalcione mortificato, e punto da quella ingiuria scagliò un bicchiero nel viso a Fortunata; ed ella, come se avesse perduto un occhio, strepitò, e tremando la faccia nelle mani si ascose.

Scintilla trovossi ella pur costernata, e la spaventata donna nel suo grembo raccolse: anzi un pulito donzello le appressò alle guance una tazza di acqua fredda,