Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/236

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180 capitolo trentesimo

corpo mi incitavano alla lussuria: già i labbri incontrantisi romoreggiavano pei tanti baci: già le mani intralciantisi inventavano mille maniere di amore: di già i corpi avvinti in reciproco nodo, produceano pure la coniunzione delle anime: ma in mezzo a sì eccellenti principj, chinandomisi repentinamente i nervi, non potei giugnere al piacer sommo.

Colpita Madonna da questo replicato insulto ricorse finalmente alla vendetta, e chiamati i famigli ordinò di pettinarmi a dovere. Nè soddisfatta costei di tanta ingiuria provocatami contro, radunò tutte le filatrici, e la più vil feccia di servì, dicendo loro che mi sputassero addosso. Mi feci della mano scudo agli occhi, nè alzai veruna preghiera, ben sapendomi quello ch’io meritava, e a forza di flagelli o di sputi fui cacciato fuor della porta. Proselenide è cacciata del paro, Criside bastonata e l’intera famiglia penando mormora tra se, e chiede chi abbia alterato l’allegria di Madonna.

Quanto a me curate le battiture, e ripreso coraggio, coprii cautamente le lividure, acciò Eumolpione di questa mia disgrazia non avesse a ridere nè Gitone ad affliggersi. Quello solamente che io senza vergogna potei simulare, fu di fingermi ammalato, e messomi nel letticciuolo, tutto il fuoco del furor mio rivolsi contro colui che tanti mali mi occasionò.


    Terribile coltello
Ben tre volte afferrai: tre volte poi
Languido più di giovine baccello,
Ebbi timor di quello,
5Che a me tremante mal servir potea
Nè ciò ch’io proponea
Eseguir più sapea,
Che per tema costui freddo venuto
Più del rigido ghiaccio,
10Tutto in grinze ristretto,