Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/243

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suffumigi ed incantagioni 187

Nascon aspri e non lisci. Inetta paglia
5Su graticcio di salci affastellata
Vidi, e d’argilla boccaletti nuovi
Di ruota dozzinal facil fattura.
Dall’altro lato un tino d’acqua, e appesi
Più canestri di vimine ad un tronco
10E un’anguistara sucida di vino.
Di fango e paglie combinate a caso
Era il muro formato, e in quel ficcati
Più cavigli di legno, e un verde giunco
Da cui pendeva la pieghevol canna.
15Le sue ricchezze poi l'umil casuccia
Serbava appese alla soffitta bruna;
Sorbi maturi misti ai feston sacri,
E vecchie timbre, e di zibebbe grappi.
Tal nell’attico suol l’ospite casa
20D’Ecale parve un dì, che poi fu degna
Di divin culto, e che ne’ più tardi anni
Allo stupor de’ posteri trasmise
La vecchia musa del figliuol di Batto.150


Ella frattanto mondate le fave, gustò un cotal poco di carne, e il resto della tempia, sua coetanea, ripose con la forchetta nella moscaiuola, ma salendo per arrivarvi sopra una seggiola tarlata, questa si ruppe, e la vecchia tratta dal proprio peso fece cadere sul fuoco, sicchè la cima dell’orcio andò a pezzi, e il fuoco, omai svanito, si spense del tutto; anzi ella battè del gomito in un tizzo ardente, e si coprì la faccia della cenere sollevatasi.

Dispiacquemi, e corsi non senza ridere a rialzare la vecchia, la qual tosto, perchè nulla più ritardasse il sacrifizio camminò pel vicinato a riaccendere il fuoco. Appena era giunta all’uscio della sua casuccia, quando ecco tre oche sacre, le quali a mio credere, eran solite a venirsi a prendere al mezzodì il loro cibo dalla vec-