Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/267

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frammenti di petronio il satirico 211

XXXI.


Gli occhi ne illudono, e menzognero
    Neglige il senso la ragione,
    3Guida infallibile che scorge al vero.

Torrazzo adergersi quadrato vedi;
    Ma se distanza ti divieta
    6Notarne gli angoli, ritondo il vedi.

Satollo stomaco l’ibleo liquore
    Patir non puote, e della cassia
    9Le nari fuggono lo spesso odore.

Nè esser potrebbero più o men gradite
    Le cose, se incostanti i sensi
    12Non contrastassero fra loro in lite.


XXXII.


L’autunno omai le inaridite fronde
Delle piante scrollava, e le lor ombre
N’avea già rotto, e con men calde briglie
4Volgeva Febo al verno. Di sue chiome
Scemando l’adornezza iva l’ombroso
Platano omai, e sui sermenti brulli
Di lor fronde la vigna annoverava
8Gl'innostrati suoi grappi: e ciò che l’anno
Promesso avea, tutto offeriasi al guardo.


XXXIII.


Così suol l'aria entro le membra addursi
Pe’ suoi spiragli alle più acute fibre.
3Poi come fuor si spinge, il suo meato