Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/28

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e somministra egli stesso argomenti e prove che distruggono implicitamente il suo raziocinio. E per qual ragione sarà egli permesso all’Ignarra nella mancanza assoluta di monumenti provanti l’epoca della qualità coloniale data a Napoli, di supporla posteriore all’impero di Adriano, appoggiandosi a prove che non sono palesemente attendibili, e non sarà permesso a me di supporla contemporanea a Nerone, sì per gli indizj sopraccennati, come per la facile congettura che può aversene dall'aver Nerone eretto in colonia la città di Pozzuolo, come si ha parimenti da Tacito, e quindi essere probabilissimo che la egual dignità accordasse a Napoli, città più ragguardevole di Pozzuolo, e che egli, come vedemmo poco fa, prediligeva?

Finalmente le prove addotte di sopra che l’oggetto della presente Satira sia Nerone, non lasciano, a mio avviso, dubbio ulteriore che il Petronio autor di essa non sia quello stesso Petronio che dannato a morir da Nerone, gli mandò scritte le sue ribalderie. Dal che ne procede che come Petronio era a Nerone contemporaneo, così Napoli venisse eretta in colonia ai tempi loro.

Notisi poi che il Burmanno medesimo, che pur in parte ha promosse codeste difficoltà sull’epoca e sulla identica esistenza del nostro autore, in altro luogo della sua prefazione è di parere che Petronio possa aver veduto gli ultimi anni di Cesare Augusto, e impratichitosi poi delle licenze di Tiberio, di Caligola, e di Claudio, le abbia voluto pungere e satirizzare, senza però derogare a quella urbanità e decenza, che ne’ più bei tempi d’Augusto aveva imparata. Locchè essendo, ognun vede quanto il signor Ignarra siasi allontanato dal vero.

Ma passiamo ora ad esaminare qual veramente fosse lo scopo che ebbe Petronio in iscrivere queste Satire. Dal cenno che qui sopra ne abbiam dato, pare che il Burmanno sia d’avviso che sotto i diversi nomi di Trimalcione, di Lica, e di Eumolpione abbia descritti ico-