Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/289

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note 233

Pag. 6, lin. 15.

Atene.


Pag. 6, lin. 16.

Taranto, colonia de’ Lacedemoni.


Pag. 6, lin. 16.

Napoli.


Pag. 7, lin. 19.

Fazzoletto di lana, con che le donne volgari si coprivan la testa, presso a poco come il mezaro delle Genovesi nostre. Altri ha creduto che la vecchia in questo luogo si avesse alzato il gonnellino, ed altri che allargando il mantello allo smarrito giovine, gli usasse un atto sconcio. E che non credon gl’interpreti? Ma poi ch’ella indicò una casa, dove il giovine entrò, questo modo di scoprirsi nell’atto stesso la faccia, è una gentilezza, nè parmi che giovi malignar sulle voci per ispiegarle oscenamente, tanto più che Petronio non scrupoleggia gran fatto in queste materie, e le scrive

Senza velami o giri di parole.


Pag. 7, lin. 22.

Ne’ luoghi di postribolo, come anche ai tempi nostri in alcune grandi città, una iscrizione posta sopra ogni uscio annunciava il nome della cortigiana che vi abitava, e il prezzo ch’ella esigeva. Giovenale dice di Messalina, che ita in uno di codesti bordelli prese il nome di Licisca, titulum mentita Liciscæ (sat. 6), e così fece porre sul cartello, giacchè la voce titulum indica l’iscrizione. Abbiamo da Apollonio Tirio una di codeste iscrizioni, ch’è riportata in quasi tutte le edizioni di Petronio nelle note, ed è questa: Quicumque Tarsiam defloraverit, mediam libram dabit, postea populo patebit ad singulos solidos.


Pag. 10, lin. 3.

Avvertono alcuni commentatori, che un gladiatore