Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/305

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note 249

Pag. 129, lin. 9.

Cicerone nella Orazione in favore di Roscio parlando di certo Famio Cherea, dice ch’egli avea sempre il capo e le sopracciglia rase, sì che non gli restava un sol pelo da galantuomo. Radevansi diffatto i capegli agli schiavi, e le sopracciglia agli scellerati, ed ai disertori.


Pag. 129, lin. 10.

Il bollo è un marchio d’infamia, che si usa tuttavia in alcuni fori criminali, e per certi determinati delitti.


Pag, 129, lin. 24.

Il radersi de’ capegli quando si viaggiava per mare non avvenia che in caso pressochè disperato di burrasca a titolo di sagrificio agli Dei.


Pag. 131, lin. 26.

Soleano espiarsi i sogni lavandosi il capo e le mani con vino misto ad acqua, od immergendosi interamente in un fiume, al che allude quel passo di Persio nella seconda Satira, et noctem flumine purgas.


Pag. 133, lin. 7.

Allude a ciò che Omero narra di Euriclea nodrice di Ulisse, la quale dopo vent’anni di assenza lo riconobbe ad una cicatrice che avea in una gamba.


Pag. 134, lin. 22.

Notisi in questo passo, che il far prigionieri i nimici, allorchè cedeano le armi, e non trucidarli, come più anticamente si usava, era già ai tempi di Nerone tenuto per massima inalterabile, nel gius delle genti. Locchè non tutti vogliono accordare.


Pag. 135, lin. 30.

Il sangue della Salamandra, dice Dioscoride, fa cader i peli, ove tocca. Il tutto sta a trovare una Salamandra, checchè dicansi alcuni Naturalisti, e comunque assicuri quello strano cervello di Benvenuto Cellini di averla veduta una volta nel fuoco della sua cucina.