Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/73

Da Wikisource.

garbugli, batterie, rumori, ecc. 17

eravamo assenti, perchè Licurgo ci avea condotto ad una festa d’Ercole, che celebravasi in un vicin borgo; locchè intendendo avviaronsi tosto verso noi, e c’incontrarono sotto i portici del tempio.13 Assai ci turbammo vedendoli, e Lica amaramente del fuggir nostro con Licurgo lagnossi, il quale con sì alto sopracciglio, e con sì rugosa fronte lo accolse, che io fatto ardito gli rimproverai francamente le iniquità e sozzure, che ne’ suoi empiti di libidine mi aveva usato, sì in casa di Licurgo, che nella sua, nè Trifena, che mi contraddicea, risparmiai, manifestando le di lei ignominie a tutti coloro, che al romore erano accorsi, e in prova di verità additai l’estenuato Gitone, e me quasi ucciso dal suo puttanesco furore.

Confusi e malinconici rimasero gli avversarj per le risa de’ circostanti; onde partironsi meditando vendetta. E perchè si accorsero che noi l’animo di Licurgo ci avevamo acquistato, così andarono ad aspettarlo a casa, a fin di ravvederlo dell’error suo.

Per essere troppo tardi finite le solennità, non potemmo ritornare al castello, e Licurgo ci drizzò ad un villaggio posto a metà del cammino, donde il giorno dopo, lasciandoci ancor nel sonno, andossene al castel suo per ispedir sue faccende. Là trovò Lica e Trifena che lo aspettavano, e che sì accortamente gli parlarono, che lo indussero a rimetterci in mano loro. Licurgo naturalmente crudele e mancator di parola, studiando come avesse a consegnarci, suggerì a Lica di munirsi di gente, mentr’egli sarebbe venuto al villaggio per custodirci.

Venne al villaggio, e al primo incontro ci accolse, come accolti ci avrebbe Lica, poi colle man sui fianchi ci rimproverò le falsità nostre contro Lica, e fe’ chiuderci nella camera ove eravamo, toltone Ascilto, dal qual non volle le difese nostre ascoltare; e menandol seco al castello, noi in mano ai guardiani lasciò, perchè sino al suo ritorno ci custodissero.