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che umana; ma essa può anche stare a sè e non è per questo meno religione. Chiamando ora mitiche le religioni che ammettono l’irrazionale fisico, naturali quelle che lo escludono, l’asserita decadenza della religiosità si riduce veramente alla decadenza delle prime. Contro questa sta il dilagare delle seconde. Per esse anche il nostro secolo è un secolo di fede. Nè può essere altrimenti. Il fenomeno religioso è frutto dell’istinto religioso. Ed essendo costante la quantità di questo, come di ogni altro istinto, è necessariamente costante anche la quantità di quello.

Delle attuali religioni naturali alcune sono sorte per una naturalizzazione delle mitiche. È ad es. certamente un irrazionale fisico il Dio cristiano ed è non meno certamente professato, se per varii razionali, anche per molteplici irrazionali umani. Tra questi uno dei più rilevanti è il seguente: affermando Dio, si assegna una ragione e una meta all’universo e anzitutto all’uomo; ragione e meta che determinano il dovere di una condotta ad esse coerente. Codesto Dio è scomparso dalla mente di molti. Ma non è scomparsa con esso anche la concezione teleologica dell’universo. Affermata la legge dell’evoluzione nel campo biologico, quasi tutta la società culta la trasportò via via in tutti campi dell’essere; da legge di trasformazione ne fece una legge di progresso; intese il progresso come avanzamento verso una meta e lo elevò quindi a norma dell’attività individuale e sociale. L’irrazionale fisico è così radiato; ma l’irrazionale umano implicito in quello rimane. Rimane come idea di un fatto naturale, che per i credenti si concilia col divino; per i miscredenti lo sostituisce. Effettivamente il fatto è immaginario. La teleologia universale non è nella sua veste naturale che quello che era nella sua veste mitica: una religione.

Altre religioni naturali sono sorte direttamente come tali, o almeno la loro derivazione dalle mitiche è così indiretta e lontana da potersi trascurare. A questa categoria appartiene l’irenismo, l’idea cioè che deva cessare ogni guerra fra gli Stati e devano gli uomini privati e pubblici uniformare la loro condotta a questo scopo. Gli Stati in questione sono organismi sociali reciprocamente autonomi, che in tanto vogliono essere tali in quanto ciascuno sa e sente che la sua unione con un altro gruppo in un aggregato maggiore sarebbe dannosa alla sua vita. Come ogni altro