Pagina:Sotto il velame.djvu/185

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le tre fiere 163

invidia, passando per la tristizia. Se invidia è malizia (può dire alcuno), come certo è amor del male, non però è tutta la malizia. Sta bene: causati dall’amor del male sono altri due peccati: l’ira e la superbia. In essi ciò che è tristizia nell’invidia, è onta per ingiuria e speranza d’eccellenza. Or bene dall’onta per ingiuria, passando per la tristizia, si giunge, vedo, alla violenza contro sè: esempio Pier della Vigna.1 È ira questa? Forse.2 E dalla speranza d’eccellenza si traversa la tristizia per giungere alla superbia? Non pare: nella superbia, l’aversione da Dio è sincrona, direi, con la conversione al bene che non è bene. Il Perverso alzò le ciglia e fu travolto: in un istante fu converso alla sua eccellenza e averso da Dio.

Che posso qui concludere? Che essendo nella lupa la cupidità, vi si trovano (dei peccati del purgatorio, diremo) l’avarizia che è una cosa con la cupidità; e i tre peccati d’amor del male, perchè la cupidità è l’avarizia che si torce al male: dunque l’ira e l’invidia e la superbia. Poi, se non altro, perchè c’è l’invidia, vi si trova anche la tristizia, da cui l’invidia si genera; e perchè c’è la tristizia o accidia, vi si trova anche la concupiscenza da cui ella deriva; cioè la lussuria e la gola.

Nel tempo stesso la lupa è la frode, che è un peccato di disordine sì nell’appetito sensitivo e sì nella volontà e sì nell’intelletto; e perciò comprende la violenza, che è disordine nell’appetito e nella volontà, e ha per simbolo il leone; e perciò comprende

  1. Inf. XIII 70 segg.
  2. Vedi Minerva Oscura, e più avanti.