Pagina:Sotto il velame.djvu/209

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le rovine e il gran veglio 187


In verità bugia è il nocciolo della frode; e la prima bugia del diavolo fu la causa della dannazione del genere umano; sì che la bugia domina tutta quest’ultima parte dell’inferno, che ha a capo Gerione, il serpe cioè l’invidia infernale; in fondo, Lucifero, la infernale superbia. E si veda, come, raccogliendo i frammenti che il poeta ha sparso del suo pensiero, questo pensiero si mostri forte ed esatto. Il primo peccato, che è di superbia, dell’angelo pravo il quale alzò le ciglia contro il Signore, fu poi seguìto da un altro, che è d’invidia, col quale indusse Adamo o il genere umano al peccato; e quest’ultimo peccato poi si espiò dal Cristo che in sè l’accolse e punì. I primi due peccati dell’angelo sono dunque la causa della morte dell’uomo Dio, come la colpa è la causa della pena, e l’ingiuria della vendetta. Essi condussero, mediante il disobbedire dei primi parenti, al peccato di Giuda e a quello di Caifas, chè Giuda e Caifas furono i rei e volontari strumenti precipui della pena e della vendetta, che l’innocente Dio scontò in sè per redimere il reo Adamo. Or Giuda è maciullato nella bocca di Lucifero, e Caifas è crocifisso nella bolgia degli ipocriti. E poichè l’ipocrisia o la bugia e la menzogna sono l’elemento precipuo del peccato del diavolo contro Adamo, e Lucifero è il peccato stesso del primo angelo contro Dio, e l’un peccato e l’altro sono tra loro connessi, chè Lucifero “fu superbo e perciò invido„;1 noi vediamo che Dante pone l’espiazione del Cristo come ombra, per così dire, gettata dalla ribellione del-

  1. Aur. Aug. de civ. D. XIV II. Cfr. Inf. I 111, Par. IX 129.