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porta.1 Quella rottura significa tre cose: che il genere umano fu redento, ossia che fu liberato il volere e riaperta la fonte del meritare; che vana fu per molti o per i più la Redenzione, sì che molti o i più devono nell’inferno patire il grave dolore, peggior d’ogni tormento, di vedere d’aver facilmente potuto, e non poter più, salvarsi; che, per la Redenzione, chi vuole, fin che è corporalmente vivo, può fare quello che il Redentore, scendere com’esso per salire, e morire per vivere. Le rovine hanno lo stesso significato? Sì. Per il primo punto, osservo che le rovine furono causate dal tremuoto, dirò così, della redenzione: da quel tremuoto che si rinnova, a figurare l’antico, nel passaggio che Dante fa dell’Acheronte; per il secondo, che i peccator carnali2

               quando giungon davanti alla ruina,
               quivi le strida, il compianto e il lamento,
               bestemmian quivi la virtù divina;

quanto al terzo, che Dante scende probabilmente per la prima rovina; e prende via certamente per la seconda e per la terza; come è entrato dalla porta senza serrame.


II.


Il camminare, dunque, per lo scarco delle pietre, significa quel che entrar dalla porta aperta, per un

  1. «Esalò lo spirito... e la terra si mosse e le pietre si spaccarono e i sepolcri si aprirono, e molti corpi di santi che s’erano addormiti, sorsero. E uscendo dai sepolcri dopo la risurrezione di lui, vennero nella santa città, e apparirono a molti». Matth. XXVII.
  2. Inf. V 34 segg.