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268 sotto il velame

E qui devo notare, tornando un passo addietro, una particolarità dei bestiali del primo cerchietto. Sono essi tra l’incontinenza e l’ingiustizia, partecipi dell’una e dell’altra in varia misura. Quelli in cui l’incontinenza predominò, è ragionevole supporre che Dante li rappresenti, per questo rispetto del dolersi nel luogo della pena, come i peccatori d’incontinenza. Vediamo invero che ai violenti contro Dio è posta “diversa legge„.1

               Supin giaceva in terra alcuna gente,
               alcuna si sedea tutta raccolta,
               ed altra andava continuamente.

Quelli che vanno, sono i sodomiti. E vien subito in mente la rapina dei lussuriosi. Ma c’è altro. L’andare continuamente ha un senso mistico; significa essere agitato dallo stimolo della coscienza.2 “Non siede, non giace, ma cammina (deambulat) colui che è inquietato dal rimorso della sua coscienza„. In vero Capaneo che giace non è maturato dal fuoco, e colui del sacchetto bianco, che siede, distorce la bocca e trae fuori la lingua, come soleva. Ora quelli che camminano, riconoscono, il loro fallo, sì per bocca di Brunetto che chiama “lerci„ i pari suoi, sì per quella di Iacopo Rusticucci che parla del “dispetto„ che può ispirare la loro miseria e il “tinto aspetto e brollo„.3 E di più, con altra voce e altro cuore, costui apporta una scusa del suo peccato, come Francesca. Amore fu, dice l’una; la fiera moglie mi nuoce,

  1. Inf. XIV 21 segg.
  2. Rich. de S. Victore, De erud. hom. inter. 39: Ille ergo deambulet, quem conscientiae stimulus undique exagitat.
  3. Inf. XV 108, XVI 29 seg.