Pagina:Sotto il velame.djvu/317

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le rovine e il gran veglio 295

(il diavolo) alla frode... Perchè la sua frode non fosse a dirittura nulla, se troppo fosse palese, non dovè venire nella sua propria forma, per non essere riconosciuto chiaramente... E nel tempo stesso, perchè non fosse troppo violenta la sua frode, se al tutto s’occultasse... gli fu permesso di venire in forma non sua e pur tale che la sua malizia non ascondesse del tutto... Venne dunque all’uomo l’astuto nemico in forma di serpente„. Non c’è qui oltre il ravvicinamento di frode a serpe, anche la ragione propria dell’essere il Gerione Dantesco con la faccia di uomo giusto, eppure d’essere subito riconosciuto per frode che ha la coda aguzza, sebbene la coda non mostri? Dante vuol insegnare, che la prima frode fu bensì frode; ma non tale da non essere riconosciuta; sì che rei furono, a ogni modo, i pur sedotti primi nostri parenti. Posso anche aggiungere da un altro mistico, molto noto al Poeta, che così dal vizio dell’invidia la mente cade nel vizio di fraudolenza:1 “La mente invida e superba... si volge ad argomenti astuti, mentre cerca con sommo studio e sollecitudine, in che modo possa o allargare la sua gloria od offuscare l’altrui. Comincia pertanto d’allora a fingere santità e mediante l’ipocrisia darsi a ogni fraudolenza„. C’è bisogno d’altro? L’ipocrisia

  1. Rich. de S. Victore de crud. hominis interioris, 10. Mentre il lettore può già vedere da questo luogo che invidia è frode, pur deve sapere cosa che sembra far contro a ciò che io affermo, che la frode è pur figurata nella lupa. Chè il mistico dice che il pardo (lonza? leopardo? pantera?) raffigura la frode degli ipocriti per quel suo essere «in tutto il corpo spruzzato di certe macchie». Certo, coi bestiarii si può provare quello che si vuole; ma non bisogna fissarsi su una sola notizia.