Pagina:Sotto il velame.djvu/391

Da Wikisource.

l'altro viaggio 369


               La frode, ond’ogni coscienza è morsa,
               può l’uomo usare in colui che ’n lui fida,
               e in quello che fidanza non imborsa.
               
               Questo modo di retro par che uccida
               pur lo vinco d’amor che fa natura...
               
               Per l’altro modo quell’amor s’oblia
               che fa natura, e quel ch’è poi aggiunto
               di che la fede spezial si cria.

Ricordiamo, prima di tutto, che la prima coppia di peccati è di amor del male, e la seconda è di malizia; e che ambedue sono unite a un terzo: ira e violenza, cioè ira questa e quella. Osserviamo, poi, la somiglianza delle due coppie di definizioni in questo, che in ogni coppia l’un peccato assomiglia all’altro. Cioè, si ha una proporzione: la superbia sta alla invidia, come la frode in chi si fida sta a quella in chi non si fida. Invero, là il superbo vuole il suo vicino messo in basso di sua grandezza, e l’invido vuole che altri non sormonti. Tanto il superbo che l’invido, vogliono che il vicino o altri venga giù o non vada su. Qual divario è tra l’uno e l’altro? Questo solo: che il superbo vede il vicino sopra sè e l’invido a pari di sè o, poniamo, sotto sè. Il primo vuole che l’altro scenda, il secondo non vuole che l’altro salga. E qua, nell’inferno? Il frodolento in chi non si fida, uccide il vincolo d’amor naturale; il frodolento in chi si fida, oblia quello e poi un vincolo aggiunto d’amore speciale: offendono insomma, queste due specie dell’unico genere di frodolenti (notiamo!), persone meno e più a loro legate, meno e più a loro vicine. La proporzione è innegabile.

E non è sola teorica. Guardate le anime del

Sotto il velame 24