Pagina:Sotto il velame.djvu/402

Da Wikisource.
380 sotto il velame

torno quel tenue velo, che vuole il minimo sforzo nostro, anzi nessuno sforzo, per istarci sotto;1 si finisce col non vedere, mediante l’intelletto che Dio ci diede, la cosa più evidente: che da lui l’abbiamo, lo intelletto.2

Ma ogni ragionamento è superfluo quando si consideri che in Malebolge e nella Ghiaccia è vergogna e orror della fama, in diversa misura; più in questa che in quelle; e della Ghiaccia più nella seconda e nelle altre successive circuizioni, che nella prima. Ora l’invidia è definita:

               E chi podere, grazia, onore e fama
               teme di perder...

e la superbia:

                       E chi...
                               spera eccellenza.

Come il contrappasso non persuade ognuno che invidia fu la colpa di quei peccatori che più o meno odiano questa fama e non sperano più grazia nel mondo; e superbia quella di quelli altri che tengono il viso basso e non vogliono essere veduti nè riconosciuti nè nominati?


X.


Torniamo all’“altro viaggio„. Dante vede la espiazione di sette peccati nell’inferno e la purga-

    indusse a disobbedire. E così tutti ragionano.

  1. Purg. XXIX 25 segg.
  2. Par. XIX 46 seg.