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56 CAPO XX.


Così dunque gli Etruschi, fino dai tempi mitici, erano stati prodi e valenti naviganti. Nell’età propriamente istorica navigavano essi e mercavano per le terre dell’Asia occidentale, e per l’Egitto: frequentavano a un modo nell’Ellade propria, nell’isole dell’Egeo e nelle Sporadi; e solcando altre acque del mare interno orientale, del Tirreno e dell’Adriatico, potea dirsi che praticassero di fuori ed usassero, con quasi tutti i popoli civili del mondo antico. La qual cosa senz’altro basterebbe da se a confermare per quanti mezzi validi potessero di fatto gli Etruschi avanzarsi in civiltà, recando a casa tutto quanto ricoglievano altrove a comodo e pro della loro vita politica: sì che giustamente non si maraviglia il filosofo, se buon numero di ordini, di religioni, d’usanze e di dottrine forestiere, massime egizie, fenicie, sirie e greche, si ritrovino introdotte nel costume pubblico degli Etruschi: essendo vero che migliore ammaestramento non soccorre a un popolo industre ed operoso, quanto il commercio morale d’uomini più colti. Pure, non soltanto le genti del nome etrusco attesero alla marineria, nè furono le sole che per facoltà d’industria partecipassero in qualche forma dei vantaggi d’una professione sì utile all’universale. Principalmente Liguri, Rutuli, Volsci e Campani, posti su’ lidi suoi, esercitavano con più ardita competenza l’arti navali.

    ne bisognavano a fornire 50 navi lunghe. Chiusini, Perugini e Rosellani, diedero gli abeti.