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In marcia 105

della lunga giornata pareva dar un carezzevole senso di refrigerio. A piè dei lor fasci d’arme, mangiarono il loro pane, e in silenzio si addormentarono.

Ma i pochi che per servizio dell’accampamento vegliavano, videro di prima notte entrar nel gran cortile di Rampagallo una piccola schiera d’uomini, forse sessanta, condotti da tre o quattro cavalieri, alti su degli stalloni piuttosto che sellati, bardati, con attraverso sulle coscie dei lungi fucili. Gli uomini a piedi erano armati di doppietta, con alla vita la ventriera per le cartucce e qualche pugnale. Vestivano panni strani, parecchi avevano sopravesti e cosciali di pelli caprine, e portavano in capo dei berretti quasi frigi o dei cappellacci a cencio. I loro capi, fratelli Sant’Anna e barone Mocarta, passarono da Garibaldi. Egli fece liete accoglienze a quel primo manipolo che la Sicilia armata gli dava; la scena era quasi da medio evo: pareva proprio che in quelle ore in quel luogo quei signori fossero giunti per prestare l’omaggio a un conquistatore.

Ma Garibaldi che sapeva ricevere come un re, nello stesso tempo sapeva parere quasi inferiore a chi gli si presentava, onde quel fàscino e quel suo dominio sui cuori, da cui subito quei siciliani si sentirono presi. E uscivano da quel ricevimento, magnificando.


A Salemi.


A levata di sole, il giorno appresso che era domenica, la colonna si mise in cammino. Andava alla testa la 1ª Compagnia con Bixio, il quale aveva l’ordine d’avan-