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L’agitazione per la Sicilia 17

nomi. Nel 1815 li avevano visti sotto re Gioachino tentar l’impresa di cacciar l’Austria dalla Lombardia. Nel 1848 avevano marciato essi stessi alla guerra quasi fino al Po; erano tornati indietro afflitti, quando il loro Re spergiuro li aveva richiamati; e quelli che non avevano ubbidito ed erano andati a Venezia, vi si erano fatti ammirare. Pepe, Ulloa, Rossarol! Appresso, a sentir le risorte glorie dei Piemontesi in Crimea e poi quelle recenti del 1859, dovevano aver patito di non essere stati mandati a quella bella guerra, fatta per cacciare lo straniero. E così forse era entrato nell’anima dell’esercito lo scontento. Ma in quel momento non si sapeva se amassero o odiassero. Forse contro i piemontesi avrebbero combattuto fieramente, se ne fossero scesi nel Regno a guerra di Re: ma contro Garibaldi avrebbero combattuto solo per disciplina. Dovevano anche trovarsi nelle file molti ai quali quel nome incuteva sgomento. Non era egli colui che undici anni avanti si era fatto conoscere a Velletri e a Palestrina, quando i napolitani erano marciati su Roma per rimettere il Papa in trono? Insomma, bene bene non si sapeva nulla dello spirito vero di quell’esercito laggiù: certo, a volerlo giudicare dalle opere contro la Sicilia, doveva essere feroce ancora come era stato nel ’48. Ma si sarebbe visto alla prova cosa valessero quelle milizie in cui ufficiali e sott’ufficiali avevano quasi tutti grossa famiglia; e si sarebbero visti anche gli stranieri mercenari che non si chiamavano più svizzeri, ma di svizzeri erano formati e di bavaresi e d’austriaci, d’un po’ d’ogni gente.

In quanto alla marineria, saperne qualcosa sarebbe stato più interessante. Ma neppur essa si conosceva