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Parte III. Libro III. 177


Orazio sembra che fosse amico. Questi un'ode e un'epistola (l. 1, od. 23; l. 1 ep. 4) gl'indirizzò e chiamollo sincero giudice de' suoi versi, e più altre cose ne disse in lode. Tibullo al contrario, qualunque ragion se ne avesse, ne' suoi versi non fece mai menzione alcuna di Orazio.

XII. Il genere elegiaco fu da lui coltivato quasi unicamente; e quando volle levarsi più alto e tessere in versi eroici un panegirico al suo Messala, pare che non avesse troppo felice successo. Benchè havvi chi vuole che quel panegirico e quasi tutte l'elegie del quarto libro Ma questa maniera di favellare ci fa nascer sospetto che Tibullo fosse bensì nato e vissuto per qualche tempo fra le ricchezze, ma poscia o per sua, o per altrui colpa fosse venuto in povero stato. non sian di Tibullo; e queste vengon da alcuni attribuite a Sulpizia moglie di Caleno al tempo di Domziano (V. Journal des Sçavans 1708, p. 94; Fabric. Bibl. Lat t. 1, p. 302, edit. ven; Vulpii Præfat. ec.). Quanto allo stil di Tibullo, io credo che Quintiliano non mal si apponesse quando a tutti gli altri scrittori di tal genere lo antepose: "Nell'elegia ancora, dic'egli (l. 10, c. 1.), noi sfidiamo i Greci, di cui sembrami che terso ed elegante scrittore sia singolarmente Tibullo". E in vero la dolcezza, l'eleganza, l'armonia, l'affetto e tutti gli altri ornamenti della elegiaca poesia risplendono in lui maravigliosamente. Sempre facile e chiaro, sempre tenero e passionato, sempre colto ed elegante, dipinge al naturale i sentimenti e gli affetti, nè coll'abuso dell'ingegno non gli altera mai, nè colla incolta espressione non gli abbassa, degno veramente di esser proposto ad esemplare in tal genere di poesia, ove non l'ha egli pure, come il più degli antichi poeti, benchè meno arditamente degli altri, di sozze immagini imbrattata. Abbiamo un'elegia di Ovidio nella morte di Tibullo, da cui raccogliesi in quanto pregio ne avesse le poesie. Veggasi il giusto e diligente confronto che ha fatto l'ab. Souchay de' tre principali poeti elegiaci tra' Latini (Mém. de l'Acad. des Inscr. t. 7, p. 351), cioè Ovidio, Properzio, e Tibullo, in cui non teme di dare a Tibullo la preferenza sopra gli altri due. Nè io credo certo che il p. Rapin il quale Ovidio antepone a tutti gli altri (Réflex. sur la Poét., n. 29), sia per avere molti seguaci del suo sentimento.

XIII. Più cose e con maggior certezza possiam dire di Q. Orazio Flacco, poichè egli molto di se stesso ho parlato nelle

Tom. I. 2* fue zio* O) L. L Od. X«IL L. L EpAV. {# L X. r. L (2) V. Journal des Scàvans 1708. p. ’^4. (4) Mena, de P Acad. des Infcr. t. VII. Fabric. Bibl. Lat. t. I. pag. 302. Edit. p. 552, Ven., Vulpii Praefat. &c {5) Reflex, fiir la Paet. n. 2?.